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Biografia Semiseria scritta da me medesimo

Scrittore è una parola che mi frulla in testa da quando avevo cinque anni. Non sapevo scrivere, non sapevo cosa fosse uno scrittore, ma se qualcuno mi chiedeva: “Cosa vuoi fare da grande?” io, che ero alto come mezzo soldo di cacio, mi alzavo sulle punte, gonfiavo il petto e dichiaravo: “Lo scrittore!” Così alla fine delle elementari ho steso il mio primo romanzo: un quadernino scritto a penna che narrava le avventure di un monello. Purtroppo è andato perduto, ma sono sicuro che la letteratura contemporanea riuscirà a farsene una ragione.

Alla fine del liceo ho scritto “Un letto da rifare”, il libro che avrebbe rivoluzionato la narrativa in Italia e nel mondo, un capolavoro assoluto. L’ho spedito ai grandi editori e nessuno lo ha voluto pubblicare. “Ovvio!” ho spiegato ai miei amici. “Questo è un romanzo innovativo e gli editori non lo hanno capito. Fra qualche anno lo capiranno.” L’ho messo in un cassetto e me ne sono andato a fare l’università. Mi sono appassionato alla lettura e così in due anni ho letto oltre cento romanzi (cosa rilevante se si pensa che nei diciotto anni precedenti ne avevo letti a malapena cinque). Leggendo ho imparato a conoscere i romanzi e quando ho riletto il mio mi sono accorto che più che un letto da rifare era un libro da rifare e l’ho buttato nel cestino. Quel giorno ho capito una cosa importante: scrittori non si nasce, scrittori si diventa.

E se volevo fare lo scrittore, dovevo studiare da scrittore. Ho lasciato l’università e mi sono chiuso in cameretta per otto anni, otto ore al giorno. E mentre i miei genitori si convincevano che il mio cervello avesse perso qualche rotella, io leggevo romanzi di successo, li sottolineavo, li scomponevo, prendevo appunti. Alla fine della clausura avevo mille pagine di appunti che andavano dall’idea alla struttura narrativa, dai punti di svolta ai colpi di scena, dalla caratterizzazione dei personaggi alle descrizioni, dalle regole alle tecniche di scrittura. E a ventotto anni ho scritto “Attentato in Parlamento” che è stato pubblicato ed è arrivato fino al Premio Strega. Era un sogno che si realizzava. A trent’anni ho scritto il mio primo libro per bambini “La battaglia delle liste”… la prova che ero diventato un arrogante. Parlava di guerra fredda, argomento non trattato alle elementari, ed era pieno di ironia, materia poco adatta ai bambini. Insomma, avevo avuto la presunzione di scrivere per un pubblico che non conoscevo. Così sono andato a conoscerlo nelle scuole e me ne sono innamorato.  Da allora non ho più smesso di stare in mezzo ai bambini: ho insegnato loro, ho imparato da loro e insieme abbiamo inventato tante storie.

A trentatre anni, dopo una mancata doccia, la mia fidanzata ha esclamato: “Sei un puzzolo!” e mi ha regalato l’ispirazione per scrivere il mio primo, vero, libro per bambini: “Puzzolo e la discarica abusiva!” Nessuno lo ha pubblicato e allora me lo sono autoprodotto. Le maestre e i bambini di Roma ne hanno fatto un caso letterario tanto che Fabbri editori lo ha pubblicato nel 2010, insieme ad “Abicio” e a “Gli Acchiappaguai”. Avevo quarantuno anni. Il successo nelle scuole di tutta Italia ha spinto la casa editrice a pubblicarne altri tre: “Gli alberi di Pocafrutta”, “Fiabella” e “Sgonfiati, Notorio!”
Escono in questi giorni.

Ho quarantadue anni e se mi guardo indietro vedo che ne ho fatta di strada. Ho preso persino una laurea in economia. Ma se poi guardo avanti mi accorgo che non ho fatto ancora nulla.